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Rosy Bindi: Matrimoni gay? Siete liberi di andare in un altro paese!

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Alla faccia del Democratico! Questo partito, sempre più Partito della Nazione, più per mancanza di altri che per demeriti propri, sembra allontanarsi sempre più dal DNA che lo ha connotato nella sua genesi.


Rosy Bindi, fino a qualche giorno fa una dei principali esponenti del partito, già suo presidente nonché ex democristiana come l'attuale premier, non è stata ben accolta alla Festa dell'Unità...



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Rosy Bindi alla Camera mostra quanto è democratica

Quasi a simboleggiare che la pancia del PD sta col rottamatore, anche se la questione è più complessa, e forse proprio perchè reazione inattesa, la Bindi ha giocato la carta della polemica: “Ognuno può decidere di vivere nel paese che vuole”. Insomma, se non vi sta bene l’Italia, andatevene. È l’invito a una ‘emigrazione di orientamento sessuale’ quello che Rosy Bindi rivolge dal palco della festa nazionale delle Donne Democratiche.

La vicepresidente della Camera, la quale ora sarebbe facile attaccare per le voci che circolano sul suo orientamento sessuale, anche perchè poco ne cale, e che si è dedicata alla castità, torna a parlare di "anticostituzionalità" delle unioni tra persone dello stesso sesso e rispondendo alle proteste fa capire che se l'Italia non va bene, ci si può trasferire all'estero. Alla kermesse democratica delle donne invitata anche Paola Concia, ma ad orari diversi

Un primo assaggio era arrivato alla festa dell’Unità di Roma, con le accuse di omofobia piovute dalla platea. A Ferrara la Bindi arriva il giorno dopo Bersani (“le unioni civili dei gay sul modello tedesco sono la nostra proposta, e Casini non mi ricatti né su questo né su Vendola”, aveva detto l'ex segretario) e alla vigilia dell’arrivo di Veltroni. E in concomitanza con Paola Concia. Solo un calendario fin troppo studiato ha evitato che le due protagoniste della spaccatura andata in scena all’assemblea nazionale si incontrassero. La firmataria dell’odg sull’equiparazione legale dei matrimoni etero e omosessuali è stata relegata nella sala riunioni di un bar del centro. Anche l’orario, nel pomeriggio, ha evitato pericolosi incroci.

Paola Concia: “è normale che un grande partito 
viva discussioni accese, 
e ora stiamo arrivando al punto”.

Non è andata così leggera invece alla vicepresidente della Camera, che si è vista schiaffare in faccia il più classico dei rimproveri di morettiana memoria: “dicci qualcosa di sinistra”. “Io parto dal riconoscimento e dalla valorizzazione della differenza – ha sostenuto Rosy Bindi – e per questo nel nostro documento abbiamo scritto che ci impegneremo ad introdurre le unioni civili, anche per le coppie gay”.

Troppo poco per chi chiede pari diritti e infatti dal loggione arriva un sonoro “non le vogliamo!”. Più sofisticato l’incoraggiamento di un’altra militante di Arcilesbica: “Rosy, voglio invitarti al mio matrimonio!”. Niente da fare. La presidente si trincera dietro alla linea delineata dall'ex segretario e si fa forte “della posizione su cui il partito è assestato, che è quella della Corte costituzionale, di Francia, Inghilterra e Germania”.

Non è proprio così. La Corte nell’aprile del 2010, nel decidere sulle questioni poste dalle ordinanze del gip di Venezia e della Corte d’appello di Trento, aveva detto che la materia non è regolamentata dal nostro ordinamento, demandando quindi alla volontà del legislatore una eventuale normazione. La polemica si è chiusa con un consiglio ‘zapateriano’: “Facciamo come in Spagna!”.

Ognuno può vivere nel paese che vuole” ha smorzato infine la presidente, chiedendo ai militanti gay di non lasciarsi strumentalizzare, perché “con le posizioni massimaliste si finisce per non prender niente, mentre io sono abituata a prender qualcosa. A costo di rendermi infrequentabile al mondo da cui provengo”.

fonte: ilfattoquotidiano.it
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